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Traduzioni a cura di Natale Marzari

Dopo 41 anni e 5 mesi, nel maggio 2006 la magistratura di Trento ha riconosciuto l'esistenza  e  la gravità di quella malattia rara che nessuna altra istituzione o persona singola della provincia di Trento ancora mi riconosce, e per negare la quale ancora mi perseguita.    Natale Marzari

da LE ScIENZE gennaio 1998 edizione italiana di ScIENTIFIc AMERIcAN agosto 1997

  Il ruolo del DNA mitocondriale nelle malattie degenerative

Il ruolo del DNA mitocondriale nelle malattie degenerative

Difetti dell'acido nucleico contenuto in particolari organelli cellulari, i mitocondri, possono provocare numerosi fenomeni patologici, tra cui forse molte malattie tipiche dell’età avanzata. 

di DOUGLAS c. WALLAcE

All’età di 5 anni, un bambino in apparenza sano cominciò inspiegabilmente a perdere l’udito e prima di raggiungere i 18 anni diventò completamente sordo. Nel frattempo fu diagnosticato come soggetto ipercinetico ed episodicamente fu colpito da attacchi epilettici. A 23 anni, anche la funzione visiva era degradata; il paziente accusava cataratta, glaucoma, e progressivo deterioramento della retina. Nell'arco di 5 anni ebbe parecchi attacchi epilettici ed una grave insufficienza renale che infine, associata ad un'infezione sistemica, lo portò al decesso, all'età di 28 anni.

 All'origine di questo terribile processo patologico c'era una minuscola imperfezione genica; non però nei geni più conosciuti, situati sui lunghi filamenti lineari di DNA cromosomico che risiedono nel nucleo cellulare. L'anomalia era situata a livello del meno noto DNA circolare localizzato nei mitocondri, le "centrali energetiche della cellula". ciascuno di questi anelli di DNA contiene il "programma" genetico per la sintesi delle 37 molecole di cui i mitocondri hanno bisogno per generare energia. 

Fin dal 1963 si sa che i mitocondri hanno geni propri, ma solo nel 1988 si sono potute collegare anomalie di questi geni a malattie umane. In quell’anno il mio gruppo alla Emory University identificò l'origine di una forma di cecità giovanile riscontrata in parecchie famiglie (la neuropatia ottica ereditaria di Leber) con una piccola mutazione ereditaria in un gene mitocondriale. Più o meno nello stesso periodo, Ian J.Holt, Anita E. Harding e John A. Morgan-Hughes dell’Institute of Neurology di Londra collegarono delezione di segmenti relativamente lunghi della molecola di DNA mitocondriale con alterazione muscolari progressive. 

Vari gruppi di ricerca sono ora riusciti a stabilire che difetti del DNA mitocondriale provocano o contribuiscono a provocare una vasta gamma di patologie, alcune delle quali sono poco note, ma potenzialmente gravissime. Di interesse più generale, è il fatto che alterazioni del DNA mitocondriale hanno un ruolo in alcuni, e forse in molti casi di diabete e di insufficienza cardiaca. Inoltre dati sempre più numerosi fanno pensare che lesioni a livello dei geni presenti nei mitocondri possono contribuire al processo di invecchiamento e alle malattie degenerative croniche che compaiono frequentemente in età avanzata: la malattia di a Alzheimer e varie alterazioni motorie. 

In seguito il DNA mitocondriale ha fatto attirato l’attenzione anche per altri motivi. confrontando le sequenze di coppie di basi nel DNA mitocondriale di differenti popolazioni di tutto il globo, gli scienziati hanno ricavato stimolanti indizi sull’evoluzione e sulle migrazioni globali degli esseri umani anatomicamente moderni (si veda la finestra alle pagine 46-47). Nel settore della medicina legale, questa tecnica è utile per identificare i resti di soldati scomparsi in combattimento o di altri individui morti da tempo, e per stabilire la colpevolezza di individui accusati di crimine. (si veda la finestra a pagina 44). 

Anche se fino ad epoca recente, i biologi hanno prestato scarsa attenzione al DNA mitocondriale, non sarebbe stato difficile prevedere le conseguenze patologiche di una mutazione del materiale genetico dei mitocondri. Questi organelli  forniscono infatti circa il 90% dell’energia di cui le cellule (e dunque i tessuti, gli organi e l'organismo nel suo complesso) hanno bisogno per funzionare. 

I mitocondri generano energia mediante un processo assai complicato, che comporta lo scambio di elettroni lungo una serie di complessi proteici (noti nell’insieme come catena respiratoria). Questo scambio consente indirettamente ad un altro complesso (l'ATP-sintetasi) di sintetizzare ATP (adenosintrifosfato) la molecola che serve al trasporto di energia all'interno delle cellule. 

La logica ha suggerito ben presto che qualunque cosa fosse in grado di compromettere gravemente la produzione di ATP da parte dei mitocondri poteva danneggiare o uccidere le cellule, facendo in tal modo comparire sintomi patologici; in effetti ciò è quanto è stato dimostrato nel 1962 da Rolf Luft e collaboratori al Karolinska Institut e dell’università di Stoccolma.  Alla fine è risultato chiaro che tessuti e organi più facilmente colpiti da carenza di energia cellulare sono il sistema nervoso centrale, e in ordine decrescente di sensibilità, la muscolatura cardiaca e scheletrica, i reni ed i tessuti endocrini. 

Inizialmente gli scienziati hanno cercato la spiegazione delle alterazioni mitocondriali in mutazioni dei geni nucleari, alcuni dei quali danno origine alle componenti mitocondriali. Ma fin dall'inizio degli anni ottanta, si è capito che il DNA mitocondriale codifica per numerose molecole importanti. Esso specifica la struttura di 13 proteine con funzione di subunità dell’ATP-sintetasi, e dei complessi della catena respiratoria, nonché di 24 molecole di RNA che coadiuvano la sintesi di quelle subunità nei mitocondri. Questi risultati sottintendevano che le mutazioni a carico del DNA mitocondriale in grado di alterare le proteine o l'RNA presenti nei mitocondri potessero ridurre la capacità dei mitocondri stessi di produrre energia e fossero di conseguenza in grado di causare malattie: un'ipotesi confermata dai nostri lavori del 1988.

Scompensi ereditari

Da quella data fino ai nostri giorni sono stati scoperti parecchi aspetti importanti delle sindromi che traggono origine da difetti del DNA mitocondriale. Per esempio, queste condizioni sono spesso ereditarie, anche se la trasmissione avviene con modalità diverse rispetto alle sindromi che derivano da mutazioni dei geni nucleari; inoltre i sintomi risultanti sono molto più imprevedibili di quelli provocati da una mutazioni genetiche nucleari.

 I ben noti processi che regolano la trasmissione ereditaria delle malattie genetiche nucleari hanno inizio, naturalmente, con la fecondazione di una cellula uovo da parte di uno spermatozoo. L’embrione unicellulare che emerge da questa unione possiede un solo nucleo, contenente insiemi corrispondenti di cromosomi su cui si trovano i geni: un insieme di circa 100.000 geni (allineati lungo circa tre miliardi di coppie di basi) proveniente dalla madre ed un insieme equivalente proveniente dal padre. Questa cellula e le sue discendenti si dupplicano ripetutamente per formare il feto completamente sviluppato. Prima di ogni divisione, le cellule duplicano i propri cromosomi in modo da poter trasmettere ad ogni cellula figlia un completo corredo di cromosomi materni e paterni. In questo modo ogni cellula dell'organismo finisce per possedere geni identici e presentare quindi  identiche mutazioni. 

Per contro, i geni allineati sulle 16.569 coppie di basi di un anello di DNA mitocondriale vengono ereditati esclusivamente dalla madre attraverso la cellula uovo; lo spermatozoo non dà alcun contributo durevole. Inoltre ogni cellula uovo, e tutte le altre cellule dell'organismo, contengono non uno, ma di centinaia di mitocondri, ed ogni mitocondrio può avere parecchie molecole di DNA. Anche se una cellula raddoppia approssimativamente il proprio numero di mitocondri e di molecole di DNA mitocondriale prima di dividersi, fornendone così grosso modo la stessa quantità alle cellule figlie, essa non può controllare quali specifici mitocondri vadano ad ogni cellula figlia.

Di conseguenza, se un uovo fecondato presenta una mutazione in qualche frazione del suo DNA mitocondriale (una condizione conosciuta come eteroplasmia), una cellula figlia potrà ereditare una percentuale più alta di mitocondri con DNA mutanti, mentre la seconda cellula erediterà una percentuale più alta di mitocondri contenenti DNA normale. In base alle leggi della probabilità, via via che le cellule continuano a riprodursi le popolazioni di DNA mitocondriale nelle cellule figlie, si sposteranno verso l'uniformità (omoplasmia) tendendo a consistere in molecole prevalentemente normali o prevalentemente mutanti. 

Un bambino nato da una cellula uovo eteroplasmica può, dunque, avere alcuni tessuti più ricchi di DNA mitocondriale normale o altri più ricchi di DNA mutante. Inoltre, le cellule uovo di una donna con cellule eteroplasmiche possono differire nella percentuale di DNA mitocondriale mutante; i suoi figli potranno dunque essere notevolmente diversi per entità e distribuzione delle molecole mutanti nei loro tessuti, nonché per la gravità, e perfino per il tipo di sintomi che manifestano. I soggetti che si ammalano per una mutazione omoplasmica manifesteranno invece tutti sintomi simili..

Singolari caratteristiche delle malattie

I difetti del DNA mitocondriale che causano patologie sono spesso ereditari, ma si possono in rari casi comparire spontaneamente in una cellula uovo o nelle prime fasi dello sviluppo di un embrione. Queste mutazioni più tardive, allo stesso modo di quelle ereditarie, possono distribuirsi in tutto l'organismo via via che il feto si sviluppa, producendo effetti molto gravi. Mutazioni del DNA mitocondriale possono anche formarsi nei tessuti nel corso della vita, con mutazioni diverse che compaiono in differenti cellule e perfino in differenti molecole del DNA mitocondriale all'interno di una stessa cellula; questi cambiamenti sono chiamati mutazioni somatiche. 

L’accumulo di mutazioni somatiche potrebbe contribuire a spiegare due aspetti che si osservano spesso nelle malattie ereditarie legate al DNA mitocondriale. Individui nati con mutazioni in questo DNA spesso si ammalano con una latenza di anni o talvolta di decenni, e le loro condizioni generalmente peggiorano con il passare del tempo. Io ed i miei collaboratori abbiamo proposto che molte mutazioni del ereditarie del DNA mitocondriale influiscano sulle funzioni mitocondriali soltanto in maniera molto lieve, consentendo ai tessuti del corporei di produrre l’energia di cui hanno bisogno almeno per un certo tempo. Ma l'incremento di mutazioni somatiche casuali nel corso dell'esistenza deprime ulteriormente la produzione di energia, fino a quando il livello di questa in un dato tessuto scende troppo in basso per consentire il proseguimento delle attività normali. Allora il tessuto comincia a funzionare in maniera impropria e compaiono sintomi di malattia, i quali progrediscono via via che le mutazioni continuano ad accumularsi e la produzione di energia declina. 

In realtà sembra che  le mutazioni congenite e somatiche contribuiscano all'instaurarsi di patologie in modi che vanno ben oltre la riduzione della produzione di energia. Il contributo che la catena respiratoria dà a questa produzione comporta l'emissione di radicali liberi dell'ossigeno,derivati tossici dotati di un elettrone spaiato ed estremamente reattivi che possono attaccare tutti i componenti delle cellule, tra cui le proteine della catena respiratoria e il DNA mitocondriale. Qualunque cosa impedisca il flusso degli elettroni lungo la catena respiratoria può favorire il loro trasferimento alle molecole di ossigeno, e quindi può promuovere la produzione di radicali liberi. Una singola mutazione, allora, può presumibilmente avviare un ciclo ricorrente in cui l'inibizione del trasporto di elettroni, conduce ad una maggiore produzione di radicali liberi e pertanto ad un maggior numero di mutazioni del DNA mitocondriale. 

come regola, una mutazione grave del DNA mitocondriale - in grado di  sopprimere la produzione di energia fino al punto da provocare precocemente una malattia mortale - risulta eteroplasmica: ossia nei tessuti del paziente il gene mutante coesiste con la versione normale. La ragione di un simile quadro è che le mutazioni omoplasmiche gravi (che sono presenti in ogni coppia di un dato gene in tutti i tessuti) ridurrebbero la produzione di energia in maniera così profonda da risultare letali prima della nascita; e ciò non è stato mai riscontrato in nessun paziente. Per contro, quando una mutazione grave è eteroplasmica, le copie normali del gene malato possono fornire energia sufficiente a consentire la sopravvivenza dell'individuo per tutta la gravidanza ed anche oltre. Malattie meno gravi possono derivare da mutazioni sia eteroplasmiche che sia omoplasmiche che comportino solo un debole declino della produzione di energia.

Piccole mutazioni, potenti effetti.

Nel seguito di questo articolo descriverò innanzitutto esempi di malattie che derivano da mutazioni ereditarie (o embrionali) del DNA mitocondriale. Solo poche di queste sono note al grande pubblico, ma il loro studio ha fornito importanti indizi sul modo in cui le mutazioni del DNA mitocondriale possono avere effetti patologici. Riassumerò poi le idee correnti sull'interessante possibilità che le mutazioni ereditarie e somatiche del DNA mitocondriale abbiano una parte significativa nel processo di invecchiamento e nelle comuni malattie tipiche dell’età avanzata. 

Varie mutazioni ereditarie consistono nella sostituzione di una singola copia di basi in un gene che codifica per una certa proteina: quest'ultima finisce quindi per avere un aminoacido scorretto in una data posizione. Una di tali mutazioni illustra con evidenza come una mutazione eteroplasmica del DNA mitocondriale possa esprimersi in modi disparati modi in individui diversi. Questa mutazione (la sostituzione di una base nella posizione 8993) causa  la sostituzione di un aminoacido in una subunità dell’ATP-sintetasi (il complesso che produce ATP). 

In una famiglia in cui è stato possibile studiare individui di quattro generazioni, una singola mutazione ha provocato in parecchi soggetti una leggera degenerazione retinica alla periferia del campo visivo (retinite pigmentosa), mentre in un altro ha causato una grave degenerazione della retina e del sistema nervoso centrale, e in due sfortunati ragazzi una malattia infantile a esito in genere letale: la come sindrome di Leigh. Questa terribile malattia è contrassegnata da una degenerazione relativamente rapida dei gangli basali, una regione del cervello importante per la coordinazione dei movimenti. Evidentemente le disparità della sintomatologia all’interno di questa famiglia sono dovute in grande misura a differenze nella percentuale di molecole mutanti di DNA mitocondriale nei tessuti dei pazienti. coloro che possedevano percentuali più alte di DNA mutante avevano una produzione più bassa di ATP e presentavano sintomi patologici di maggiore gravità. 

certe sostituzioni ereditarie di basi devono raggiungere la condizione di omoplasia prima di poter causare problemi; i loro effetti sono maggiormente prevedibili. In questa categoria rientrano i difetti genetici che oggi sappiamo essere alla base della maggior parte dei casi di neuropatia ottica ereditaria di Leber (NOEL). Questa malattia si manifesta generalmente nel  giovane adulto, con la perdita di funzionalità della regione centrale del nervo ottico, che provoca cecità limitata al centro del campo visivo. Tre mutazioni del DNA mitocondriale, che influiscono tutte sulle prime fasi del trasporto degli elettroni nella la catena respiratoria, sono responsabili collettivamente di circa il 90% dei casi in tutto il mondo. I pazienti da due di queste mutazioni soffrono generalmente di una perdita permanentemente della funzione visiva; quelli affetti dalla terza mutazione a volte recuperano in parte questa funzione. 

Un gran numero di sostituzioni patologiche di basi del DNA mitocondriale altera le molecole di RNA che fanno parte del meccanismo utilizzato dai mitocondri per costruire le proteine; queste mutazioni possono così interferire simultaneamente con la sintesi di molte differenti proteine mitocondriali e possono ridurre sostanzialmente la produzione di ATP. Per questa ragione, i soggetti che nascono con mutazioni di questo tipo possono finire per essere colpiti da gravi malattie multisistemiche, che includono spesso anomalie sia del sistema nervoso centrale sia della muscolatura. 

Il caso ricordato all’inizio dell'articolo (del giovane che moto all’età di 28 anni per insufficienza renale renale e varie infezioni) esemplifica l'estrema gravità delle mutazioni che interferiscono con la sintesi proteica. A provocare la sua morte è stata una mutazione puntiforme che ha provocato la delezione di una base in un gene che codifica per un RNA di trasporto (t-RNA). Questa molecola di RNA ha la funzione di trasportare un aminoacido - la leucina - alle proteine vengono sintetizzate nei mitocondri. La mutazione avvenne probabilmente nelle cellule della linea germinale della madre, in quanto l'analisi delle cellule della madre non interessate alla riproduzione (come le cellule del sangue) ha rilevato solo la presenza di DNA mitocondriale normale. 

E' stato dimostrato che altre dieci mutazioni dello stesso gene provocano tutta una serie di serie malattie gravi. Per esempio, tre di esse danno luogo a una miopatia mitocondriale, una forma di debilitazione progressiva dei muscoli caratterizzata dalla presenza di fibre muscolari degenerate, con mitocondri difettosi di forma abnorme, che appaiono rosso se esposti ad un colorante specifico. Due altri difetti provocano un ingrossamento anomalo e un deterioramento progressivo del muscolo cardiaco (cardiomiopatia ipertrofica). cinque mutazioni influiscono molteplici sistemi, causando tutta una serie di sintomi che comprendono encefalopatia mitocondriale, acidosi lattica ed episodi di tipo apoplettico. Una delle mutazioni che inducono i sintomi suddetti provoca anche approssimativamente l’1,5% di tutti i casi di diabete mellito, e può essere responsabile del diabete anche quando la mutazione è presente a bassi livelli. 

Molte mutazioni ereditarie del DNA mitocondriale che intervengono nella sintesi proteica possono essere fatali in età giovanile, ma ve ne sono anche di più moderate, che fanno sentire i propri effetti in età avanzata. Un esempio è una mutazione in un gene che codifica una molecola t-RNA o RNA transferasi che trasporta l'aminoacido glutamina, essa si trova in circa 5% degli europei che nella vecchiaia manifestano la malattia di Alzheimer. 

Sono state identificate anche mutazioni del DNA mitocondriale che influiscono su molti geni alla volta (mediante delezione o duplicazione di lunghi segmenti di materiale genetico). come le sostituzioni di basi, queste mutazioni da “ridistribuzione” possono causare malattie di gravità variabile.

cambiamenti del DNA su vasta scala.

Tra le malattie più studiate che comportano mutazioni da ridistribuzione ve ne sono due caratterizzate da paralisi dei muscoli oculari e da miopatia mitocondriale: l'oftalmoplegia esterna progressiva cronica (che colpisce generalmente dopo i 20 anni) e la sindrome di Kearns-Sayre (che può manifestarsi anche in età precoce e può includere degenerazione della retina, disturbi cardiaci, crescita ridotta e vari altri sintomi). Le mutazioni con ridistribuzione del materiale genetico sono la causa anche di molti altri casi di sindrome di Pearson, una patologia infantile in cui i pazienti non riescono a produrre cellule del sangue -  dovendo così dipendere da trasfusioni fin dalla prima età - e presentano un funzionamento difettoso del pancreas. Se questi bambini riescono a sopravvivere, vengono in seguito colpiti da paralisi oculare e dagli altri sintomi associati con la sindrome di Kearns-Sayre. Purtroppo i pazienti colpiti da una di queste patologia si aggravano sempre col passare del tempo e in molti casi muoiono per insufficienza respiratoria o altre disfunzioni sistemiche. 

Le cellule di un paziente affetto da una di queste malattia possono contenere un miscuglio di molecole di DNA mitocondriale, alcune delle quali presentano delle delezioni ed altre duplicazioni (di geni). Ma sono probabilmente le delezioni a spiegare perché le malattie in questione siano gravi sin dall’inizio. Il DNA che va perduto include inevitabilmente geni per la sintesi di molecole di RNA di trasporto, il che significa che molte proteine di diversa natura, necessarie per la produzione di energia, vengano sintetizzate in maniera impropria o non vengano affatto prodotte. Si ritiene che il caratteristico aggravamento progressivo avvenga in parte perché certi tessuti (per esempio i muscoli ed altri tessuti costituiti da cellule che non si dividono) duplicano selettivamente i DNA mitocondriali incompleti. 

Non si sa perché i DNA mitocondriali che hanno subito delezioni siano amplificati selettivamente nei tessuti a cellule che non si dividono, ma sono state avanzate due ipotesi. Secondo la prima, le molecole con delezioni, essendo più corte dei normali anelli di DNA mitocondriale, impiegano meno tempo per duplicarsi e pertanto diventano più numerose. La seconda ipotesi si rferisce all’organizzazione interna delle fibre muscolari: ogni fibra consiste in numerose cellule muscolari fuse e quindi contiene molteplici nuclei. Vari risultati fanno pensare che, quando nucleo scopre un deficit energetico nelle proprie vicinanze (per esempio causato da mutazioni di geni mitocondriali), tenta di compensare la carenza inducendo la duplicazione di qualunque mitocondrio si trovi all'intorno. Purtroppo, questa risposta promuove la duplicazione proprio di quei mitocondri che provocano il deficit energetico locale, aggravando ulteriormente il problema. 

L’origine delle delezioni che causano le malattie mitocondriale lascia da tempo perplessi gli scienziati. Anche se queste malattie possono essere trasmesse di generazione in generazione, i DNA mitocondriali difettosi vengono ereditati di rado, probabilmente perché una cellula o un embrione che contenesse sopratutto DNA mitocondriali con delezione morirebbe. Sembra che la soluzione debba trovarsi nelle molecole di DNA mitocondriale che contengono duplicazioni di geniche. Queste molecole posseggono tutti i geni necessari per la produzione di energia, e quindi spesso non provocano direttamente problemi. Le duplicazioni interne, però, possono dare luogo a processi (probabilmente di appaiamento interno e ricombinazione) che in definitiva causano delezioni dagli effetti gravissimi. 

Talvolta i difetti ereditari del DNA mitocondriale portano a versioni giovanili di malattie che colpiscono molti individui in età avanzata, come il diabete, sordità, malattie cardiache, debilitazione muscolare, difficoltà di movimento e demenza. Inoltre è dimostrato che alcune mutazioni del DNA mitocondriale provocano una certa percentuale di casi di malattia morbo di Alzheimer, di distonie (alterazione progressiva dei movimenti) e di altre malattie neurovegetative. Queste osservazioni - assieme al fatto che numerose malattie degenerative dell'età avanzata, proprio come molte malattie correlate al DNA mitocondriale, siano associate a  un declino dell’attività dei complessi proteici interessati nella produzione di energia indicano che riduzioni progressive della produzione di energia da parte dei mitocondri nel sistema nervoso, nei muscoli, e in altri tessuti potrebbero contribuire all’invecchiamento ed a varie malattie degenerative tipiche dell'età avanzata.

Anzianità e malattie collegate con l’anzianità

. Parecchi fattori potrebbero far declinare la produzione di ’energia mitocondriale con l’età anche in soggetti che, all’inizio avevano geni mitocondriali e nucleari sani. Uno di essi è l’esposizione a lungo termine a certe tossine ambientali: molte tra le tossine più potenti svolgono la loro nefasta attività i mitocondri. Un altro fattore potrebbe essere l’accumulo di mutazioni somatiche del DNA nel corso dell'intera esistenza. 

Secondo la teoria dell’invecchiamento che chiama in causa i mitocondri, la continua produzione di ATP genera con il tempo liberi dell'ossigeno che inesorabilmente attaccano i nostri mitocondri e provocano mutazioni nel loro DNA. Questo accumulo casuale di mutazioni somatiche del DNA mitocondriale in individui che all'inizio possedevano geni mitocondriali sani ridurrebbe alla fine (se gli ospiti vivono abbastanza a lungo) la produzione energetica al di sotto dei livelli, richiesti in uno o più tessuti. In questo modo le mutazioni somatiche e le mutazioni mitocondriali potrebbero contribuire alla comparsa dei comuni segni dell'invecchiamento, vuoi alla perdita di memoria, udito, visione e vigore. 

In soggetti la cui produzione energetica era già compromessa (da mutazioni ereditarie mitocondriali o nucleari, da tossine o altro), il danno somatico a carico del DNA mitocondriale spingerebbe più rapidamente la produzione di energia al di sotto dei livelli desiderabili. Questi soggetti mostrerebbero, dunque, più precocemente i sintomi e progredirebbero più rapidamente verso la completa manifestazione della malattia rispetto a coloro che all'inizio non avevano deficit nella capacità di produrre energetica. 

Vi sono prove del fatto che la produzione di energia declina e le mutazioni somatiche a carico del DNA mitocondriale aumentano via via che l'organismo umano invecchia. Ricerche effettuate da numerosi gruppi hanno dimostrato che l’attività di almeno un complesso della catena respiratoria - e forse anche di un secondo - si riduce con l’età nel cervello, nella muscolatura scheletrica, nel cuore e nel fegato. Inoltre è stato trovato che varie mutazioni da ridistribuzione del DNA mitocondriale aumentano con il passare degli anni in molti tessuti (specialmente nelle regioni cerebrali che controllano la memoria ed il movimento). E' stato anche dimostrato che questo tipo di mutazioni si accumula con l’età nel DNA mitocondriale della muscolatura scheletrica, della muscolatura cardiaca, della cute e di altri tessuti. Possono accumularsi anche talune mutazioni per sostituzione di basi che sono interessate nelle malattie ereditarie associate al DNA mitocondriale. 

Tutti questi lavori concordano sul fatto che alcune mutazioni raggiungono livelli riconoscibili prima dei 30 o 40 anni di età, ma successivamente crescono in modo esponenziale. Studi sull’invecchiamento della muscolatura permettono di attribuire parte di questo aumento ad un'amplificazioni selettiva di DNA mitocondriali da cui sono stati eliminati alcuni segmenti.

Scoperte importanti

Le analisi effettuate su tessuti di individui colpiti in età avanzata da malattie neurologiche e muscolari degenerative tendono anch'esse a dar credito all’ipotesi che in alcune di queste patologie possa essere interessato l'accumulo di mutazioni somatiche. Per esempio, i pazienti affetti da corea di Huntington perdono il controllo motorio e sono colpiti da demenza in età avanzata in seguito ad una mutazione ereditaria specifica, che colpisce il DNA nucleare. Ma essi presentano anche, nei tessuti cerebrali, livelli più elevati di delezioni a carico del DNA mitocondriale rispetto a individui sani della stessa età, un segno che il tasso di mutazioni somatiche a carico dei mitocondri è alto. La mutazione nucleare e le mutazioni mitocondriali somatiche possono combinarsi in modo da ridurre la produzione di energia nelle cellule cerebrali e da causare sintomi in ’età adulta. 

come abbiamo osservato in precedenza, anche un certo numero di casi di malattia di Alzheimer è stato attribuito a mutazioni congenite del DNA mitocondriale. Ma il fatto che queste mutazioni non producano sintomi immediati sottintende che esse possano non essere sufficienti in sé a causare la malattia. Mutazioni mitocondriali acquisite che vanno ad aggiungersi agli effetti di quelle ereditarie potrebbero ancora una volta costituire un anello mancante. In effetti, il tessuto cerebrale di pazienti affetti da Alzheimer sembra mostrare livelli insolitamente alti di mutazioni somatiche del DNA mitocondriale. 

Una possibilità particolarmente interessante è che una percentuale significativa di casi di diabete mellitico di tipo II (dell'età matura), che colpisce milioni di persone al di sopra dei 40 anni, possa avere origine in difetti ereditari del DNA mitocondriale ancora da scoprire. I pazienti affetti da questo tipo di diabete secernono l’insulina, ma non a sufficienza per il fabbisogno dell'organismo. E' noto che il diabete è una malattia familiare, e che la madre è spesso il genitore colpito (come è prevedibile in caso di trasmissione ereditaria del DNA mitocondriale). Inoltre la ricerca ha già stabilito che mutazioni note per ridistribuzione e per sostituzione delle basi possono provocare diabete di tipo II. E’ logico pensare che altre mutazioni possano avere lo stesso effetto. Un meccanismo plausibile per la comparsa del diabete potrebbe essere il seguente: riducendo la sintesi di ATP, le mutazioni del DNA mitocondriale privino le cellule produttrici di insulina dell’energia necessaria. 

Un altro suggerimento interessante è che lo sviluppo di mutazioni somatiche del DNA mitocondriale possa accelerare l’insufficienza cardiaca in pazienti che presentano aterosclerosi. La costrizione delle arterie parzialmente occluse da una placca aterosclerotica può provocare il blocco temporaneo, arrestando il flusso di sangue (e quindi di ossigeno) al cuore: una condizione chiamata ischemia. In assenza di ossigeno, la catena respiratoria cessa di funzionare; poi, alla ripresa del flusso di sangue e di ossigeno (riperfusione), riesce solo ad emettere un nugolo di radicali liberi dell’ossigeno. E' prevedibile che simili eventi danneggino il DNA mitocondriale nel muscolo cardiaco e limitino la produzione di ’ATP necessario per la contrazione. In linea con questo scenario, i pazienti il cui cuore è dilatato in seguito a ischemia cronica e riperfusione mostrano cospicui danni al DNA mitocondriale. 

Studi su roditori sostengono l'ipotesi che l'accumulo accelerato di mutazioni del DNA mitocondriale possa affrettare l’invecchiamento. Animali allevati in dieta restrittiva rimangono sani e sopravvivono più a lungo rispetto ai loro simili che si alimentano liberamente (si veda l'articolo Dieta ipocalorica e longevità di Richard Weindruch; in Le Scienze n.331 marzo 1996). Gli animali sottoposti a restrizione alimentare, producendo una minor quantità di radicali liberi, accumulano danni minori al DNA mitocondriale rispetto a quelli più nutriti.

cosa si può fare?

Se il danno da radicali liberi porta effettivamente all’accumulo di mutazioni somatiche nel DNA mitocondriale, influendo così sull’invecchiamento, allora i trattamenti in grado di bloccare la produzione di questi radicali da parte dei mitocondri e di proteggere il DNA mitocondriale potrebbero avere effetti benefici.Questi metodi potrebbero consistere in trattamenti con antiossidanti (come il coenzima Q o vitamine c o E) gli studi sugli animali sono incoraggianti. 

Un’altra strategia utile sarebbe quella di limitare l’amplificazione dei DNA mitocondriali mutati nella muscolatura o in altri tessuti. A tal fine, si tenta di far luce sulle interazioni molecolari mediante le quali i nuclei avvertono deficit locali di energia e stimolano la riproduzione di mitocondri aberranti nelle loro immediate vicinanze. 

Non più di dieci anni fa pochi biologi avrebbero immaginato che mutazioni nel DNA mitocondriale fossero implicate in decine di misteriose malattie, nonché nell’invecchiamento e in varie sindromi degenerative croniche. Oggi gli studi su questo DNA stanno fornendo elementi sullo sviluppo di molte malattie e, sopratutto stanno indicando metodi per curarle o quantomeno per impedire che progrediscano. Se le congetture sul ruolo delle mutazioni del DNA mitocondriale nell’invecchiamento e nelle malattie si dimostreranno giuste, ulteriori studi sulla biologia dei mitocondri dovrebbero avere profonde conseguenza in campo medico e per il lenimento di una grande parte delle sofferenze umane.

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