CONQUISTATO DAI MITOCONDRI  
                         
                         
                          
                          
						Con lunghe ricerche, finanziate dalla MDA, Salvatore 
						DiMauro, professore di neurologia alla Columbia 
						University di New York, ha dedicato la sua carriera alla 
						decifrazione dei segreti di come i muscoli fanno ed 
						usano l'energia -- e come essi talvolta non funzionino a 
						causa di malattie conosciute come miopatie metaboliche e 
						mitocondriali. La MDA copre 11 di queste malattie nei 
						suoi programmi. 
        Molta dell'energia per la contrazione dei muscoli proviene da 
		strutture cellulari conosciute come mitocondri, dove ha luogo il 
		processo conosciuto come metabolismo ossidativo --un processo 
		richiedente-ossigeno usato dalla maggior parte delle nostre cellule per 
		estrarre energia dalle molecole dei nutrienti. 
        di Salvatore DiMauro 
        La vita di un dottore e di uno scienziato clinico è influenzata sia 
		dall'interesse unico per i pazienti, sia dai suoi mentori professionali 
		(nel mio caso, Professor Massimiliano Aloisi in Italia e Lewis P Rowland 
		negli Stati Uniti)  o dagli studenti più brillanti (troppi per 
		essere listati qui).  
         Due dei miei pazienti rimangono nei miei ricordi, sia per i loro 
		inusuali retroterra sia perché essi indirizzarono il mio interesse verso 
		la biologia mitocondriale e le malattie mitocondriali. Io vidi loro 
		insieme con il Dr. Rowland alla University of Pennsyivania, quando io 
		ero un giovane ricercatore finanziato dalla MDA.   
        Un paziente, Abraham, era un contadino Amish della Contea di 
		Lancaster, Pa., le cui palpebre si stavano progressivamente abbassando 
		negli ultimi anni, e che aveva riscontrato difficolta di equilibrio 
		nella raccolta del fieno, un'operazione che aveva eseguito facilmente in 
		tutta la sua vita. Ricordo la sua grande barba rotonda, il suo ampio 
		cappello e come si slacciava le nappe della sua camicia blu per 
		mostrarci l'inizio del deterioramento dei muscoli delle sue spalle una 
		volta così forti. 
        Il secondo paziente, Nabilia, una donna giordana di 22 anni, era già 
		qualcosa come una celebrità medica minore quando ci raggiunse a Penn, 
		essendole stata diagnosticata  dalla American University di Beirut 
		come seconda paziente la "sindrome di Luft". Questa condizione, 
		descritta almeno dieci anni prima da due distinti scienziati svedesi, 
		Rolf Luft, un endocrinologo, e Lars Ernster, un biochimico, fu allora 
		l'unica malattia mitocondriale definita biochimicamente, una sorta di 
		nave ammiraglia di un gruppo di malattie rare definite solo come 
		disfunzioni mitocondriali. 
         Ricordo Nabilia seduta contenta per ore nella fredda stanza del  
		Clinical Research Center, la sua camicia da notte madida di sudore 
		nonostante il freddo, la sua faccia brillante come se avesse appena 
		corso diverse miglia. Aveva la stessa condizione simile al metabolismo 
		eccessivamente incontrollato precedentemente descritto da Luft nella sua 
		giovane donna svedese. Entrambe le donne avevano la funzione tiroidea 
		normale (essendo le anormalità della tiroide una causa di una attività 
		metabolica eccessiva). Il loro problema risiedeva nei mitocondri dei 
		loro muscoli scheletrici. 
         Le biopsie muscolari sia di Abraham che di Nabilia mostrarono 
		abbondanti "fibre rosse sfilacciate" quando vennero trattate con una 
		speciale tecnica di colorazione. Come documentato da W. King Engel (che 
		anche descrisse in modo descrittivo pittoresco), ciò che fa apparire 
		queste fibre sia rosse che sfilacciate è una proliferazione massiccia 
		dei mitocondri, una sorta di messaggio di SOS che dice "allarme rosso: 
		scarsità di energia critica; necessitano più mitocondri". In questo 
		senso, fibre rosse sfilacciate (o RRT, nel nostro dilagante linguaggio 
		medico per acronimi) sono un segnale rivelatore di malattia 
		mitocondriale. 
         
        LA CONQUISTA
        Avendo pertanto appurato che i nostri due pazienti avevano citopatie 
		mitocondriali, ricordo di aver chiesto al dott. Rowland, "Come può 
		essere che a Penn, che è uno dei migliori centri mitocondriali al mondo, 
		pazienti come questi non siano studiati in modo più approfondito?" Alla 
		quale il dott. Rowland rispose, nel suo tipico modo pragmatico, "Giusto, 
		perché non lo fai tu?" 
           
        Questa fu la mia iniziazione dentro la difficile arte dell'isolamento di 
		mitocondri intatti e  
		funzionanti, dapprima dal muscolo di ratto, successivamente da biopsie 
		umane. Mi ricordo ancora l'eccitazione nel constatare il cambiamento di 
		curva del tracciato degli elettrodi ad ossigeno collegati ai miei primi 
		mitocondri umani isolati decentemente. 
        Mi ritrovavo preso dai mitocondri, questi affascinanti organelli 
		intracellulari ("organi" in miniatura), che iniziarono molti milioni di 
		anni fa, come organismi simili a batteri, indipendenti e liberi di 
		muoversi, e che presero dimora permanente in cellule nucleate come 
		quelle che costituiscono tutti i tessuti umani. A queste cellule, che 
		non erano in grado di utilizzare l'ossigeno per il metabolismo, i 
		mitocondri portarono un dono, come il fuoco che Prometeo diede 
		all'umanità nel mito greco: il metabolismo ossidativo. 
        Poiché essi iniziarono come organismi indipendenti, i mitocondri 
		hanno il loro proprio DNA (mtDNA)", una piccola, molecola circolare che 
		fu ignorata dagli scienziati clinici fino al 1988, quando vennero 
		scoperte le prime mutazioni in questo tipo di DNA dalla defunta Anita 
		Harding e dai suoi colleghi al Queen Square a Londra, e da Doug Wallace 
		e dai suoi collaboratori alla Emory University di Atlanta. 
        A rendere tutto questo sempre più interessante, le regole secono le 
		quali le mutazioni del DNA mitocondriale veniva trasmesso differivano 
		dalle regole "classiche" delle genetiche mendelliane. Primo, il mtDNA (e 
		la maggior parte delle mutazioni del mtDNA) sono trasmesse con una forma 
		di ereditarietà in linea materna, perché solo le donne trasmettono il 
		loro mtDNA alla prossima generazione; gli uomini no. Secondo, poiché in 
		ogni cellula ci sono centinaia o migliaia di mitocondri (e mtDNA), la 
		proporzione relativa di mtDNA mutato tresmesso dalla madre al figlio 
		diventa un fattore importante nel determinare il tipo e la gravità della 
		malattie associata con quella particolare mutazione. 
        Mentre la scoperta di più di 50 mutazioni pericolose del mtDNA negli 
		ultimi 10 anni ha spalancato un nuovo capitolo della medicina (che, 
		forse con un tocco di giustificabile orgoglio, il Professor Luft ha 
		chiamato "medicina mitocondriale"), rimane ancora da fare una grande 
		parte di lavoro. Se è importante ciò che il mtDNA ha provocato nella 
		medicina umana, non dobbiamo dimenticare che esso codifica solo 13 delle 
		molte centinaia di proteine che costituiscono i mitocondri. Il resto 
		viene codificato dal DNA del nucleo cellulare. Ora, al confronto con il 
		rapido progredire col quale abbiamo scoperto le mutazioni del mtDNA, le 
		nostre conoscenze delle mutazioni nuscleari che colpiscono i mitocondri 
		sono rimaste indietro.  
        Questa è chiaramente una delle nuove aree calde della ricerca, resa 
		perfino ancora più eccitante dalle recenti ed inaspettate scoperte che 
		le ben conosciute e relativamenti comuni malattie neurologiche, come 
		l'atassia di Friedreich, alcune forme di paraplegia spastica ereditaria 
		e la malattia di Wilson, sono causate da mutazioni nelle proteine 
		mitocondriali codificate dal nucleo. 
          
         
        TERAPIE ANCORA DA SVILUPPARE
        Dunque, cosa accade ad Abraham ed a Nabilia? Abraham ritornò alla 
		contea di Lancaster con una diagnosi di "miopatia mitocondriale" e 
		nessuna terapia specifica (oggigiorno, egli riceverebbe una diagnosi 
		molecolare, ma non ci sarebbe ancora nessuna terapia più specifica o più 
		efficace). Nabilia ritornò nel suo villaggio in Giordania con un 
		ventilatore a batteria, che io spero, rese il resto della sua breve vita 
		meno miserabile. 
        Stiamo facendo qualcosa di meglio con le terapie oggi? Onestamente, 
		non molto. L'intervallo tra la comprensione biochimica e molecolare di 
		una malattia e lo sviluppo di una terapia razionale è, sfortunatamente, 
		lungo. Ora, la conoscenza della causa di una malattia è l'indispensabile 
		punto di partenza, e tutto quello che noi stiamo imparando sulle 
		malattie mitocondriali indubbiamente ritornerà in termini di 
		trattamento. E comunque almeno, oggi possiamo offrire solidi consulenze 
		genetiche, non solo piccoli suggerimenti per le malattie che possono 
		essere causate da difetti nelle due differenti dotazioni di geni. 
        Per alcune malattie mitocondriali, come la carenza primaria di 
		carnitina o la carenza primaria di 
		coenzima Q10, si dispone di terapie efficaci con la 
		sostituzione dei composti carenti. Sia la carnitina che
        
		coenzima Q10 portano alcuni benefici non ben 
		specificati in pazienti con altre malattie mitocondriali, specialmente 
		nei difetti del processo biochimico conosciuto come catena respiratoria 
        Per le malattie causate da difetti nei geni nucleari e che colpiscono 
		i mitocondri, ci sono, naturalmente, speranze per la terapia genica. La 
		terapia genica, comunque, è più problematica quando ha a che fare con 
		migliaia di geni mitocondriali (per ogni singola cellula ndt), una parte 
		dei quali sono mutati mentre gli altri no. In questo caso, i tentativi 
		sono indirizzati a portare il  bilancio in favore dei geni non 
		mutati, con la pseranza che perfino un piccolo cambiamento nel rapporto 
		possa dare benefici clinici consistenti. Il nostro gruppo, tra gli 
		altri, è impegnato nello sforzo di sviluppare nuove strategie 
		tarapeutiche, e la MDA supporta ancora il nostro lavoro, proprio come 
		fece quando io per la prima volta fui conquistato dai mitocondri. 
          
        Salvatore DiMauro, M.D., laureato alla Università di Padova, con 
		una specializzazione in neurologia nel 1967. Arrivò alla University of 
		Pennsylvania nel 1968 ed iniziò ad usufruire dei finanziamenti alla 
		ricerca della MDA nel 1969. DiMauro ha collaborato con la MDA come 
		consulente scientifico ed ha scritto centinaia di articoli e libri sulle 
		malattie muscolari. Dal 1991, è stato Lucy G. Moses Professor of 
		Neurology alla Columbia University. 
          
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